“RIVOLUZIONE URBANA A MONIGO? LE PROPOSTE DI IMPEGNO CIVILE”/ 24 NOVEMBRE 2020
Leggiamo con favore la notizia della imminente “Rivoluzione urbana a Monigo”, dove ATER e Comune prospettano un intervento di ristrutturazione urbanistica nell’area ora occupata dalle case ex demaniali lungo la Feltrina.
È un’occasione preziosissima perché unica.
Unica perché si tratta dell’ultimo compendio residenziale di significative dimensioni, interamente di proprietà pubblica, sopravvissuto nella sua integrità alla sciagurata politica di vendita “a macchia di leopardo” del patrimonio di edilizia residenziale pubblica.
Sciagurata perché quella politica impedisce la ristrutturazione dei fabbricati e pone pesanti ostacoli financo alle opere di manutenzione; infatti è prevedibile che già in un fabbricato plurifamiliare ci sia un condomino in difficoltà economiche che comprensibilmente si oppone a spese; se poi si dovesse programmare un riassetto di un area con più fabbricati sono facilmente immaginabili le difficoltà.
La frammentazione della proprietà immobiliare è una peculiare negativa caratteristica italiana.
Ad esempio, nella città di Parigi la metà degli alloggi in locazione è di proprietà della municipalità che detiene interi fabbricati.
Anche là gli edifici sono soggetti a vetustà e richiedono manutenzione, a volte pesante, ma là opere simili si possono affrontare: la municipalità dispone di alloggi di rotazione; trasferisce in quelli gli abitanti ed ha mano libera per rinnovare l’edificio nel quale potranno poi ritornare primariamente i precedenti abitanti.
Per questo, a Parigi, e dove vige lungimiranza e buona gestione del territorio non si sognano nemmeno di vendere un appartamento qua e uno là.
E siccome la proprietà pubblica si estende ad interi isolati se non a quartieri, si possono realizzare vere e proprie trasformazioni urbanistiche che fanno da innesco a riqualificazioni di interi quartieri.
Ad esempio, nel XII° Arrondisement, la Très Grande Bibliothèque ha reso invidiabile abitare in una zona un tempo degradata.
Questo sarebbe potuto succedere anche a Treviso, nella zona di via dei Dall’Oro, ma qui gli abitanti sono stati sloggiati e trasferiti definitivamente nell’estrema periferia.
Dunque a Monigo, si prospetta un’occasione da non sprecare.
Però non ci si deve limitare a ricostruire fabbricati certo più efficienti e di attuale qualità, perché si prospetta la possibilità di rivitalizzare tutto il settore nord est della periferia.
E non solo.
Il Piano degli Interventi della giunta precedente ha messo in luce il fatto che, oltre al centro storico, esiste una potenziale città lineare che parte da Monigo, e congiungendo S. Paolo, S. Liberale, S. Maria Del Rovere, Selvana, giunge fino a Fiera.
Città potenziale, perché è frammentata da valli insuperabili per pedoni e ciclisti, ostacoli costituiti da strade molto trafficate (Feltrina, V.le della Repubblica, V.le Vittorio Veneto) e dalla ferrovia per Conegliano.
Il piano degli interventi della precedente amministrazione prevedeva di connettere tutti questi quartieri con sovrappassi ciclo pedonali, a formare una connessione “di gronda” che costituirebbe la dorsale della “Città Nord” cosicché anche un bambino possa raggiungere l’amico nel quartiere vicino, ma ora per lui irraggiungibile.
L’intervento di Monigo sarebbe un nodo di questa connessione, innesco di riqualificazione urbana.
Connettendo questi quartieri si unirebbero 30.000 abitanti e questo, insieme alla localizzazione di servizi (poliambulatorio, uffici pubblici, piccoli aggregati di negozi …) creerebbe la condizione per l’insediamento di altri servizi rari.
Per capirci, certe attività necessitano di una soglia minima di utenti; tutti abbiamo bisogno di gratificazione, il centro ci attira perché ci sono bei negozi, bar di tendenza, buoni ristoranti, ma che potrebbero insediarsi anche a Monigo o a S. Maria del Rovere se non fossero isolati dal resto del territorio e avessero sufficiente clientela.
La gronda sarebbe poi connessa al centro storico con “calate di connessione con il centro storico”, la più facile delle quali finirebbe in via Lanceri Novara, dove supererebbe la cesura del “PUT” con un sovrappasso ciclo pedonale che atterrerebbe sul rilevato delle mura.
Fantascienza? No, basta girare per l’Europa.
Offesa alle mura? Immaginiamo di affidare l’incarico di progettazione in esito ad un concorso che inviti l’eccellenza dei progettisti europei.
Già perché l’altro male trevigiano è il provincialismo.
Le grandi città affidano le opere pubbliche sempre con concorsi di idee e di progettazione e poi le opere (loro) le fanno davvero, così i grandi architetti si fanno sotto e accettano la sfida.
Dunque benvenuto l’intervento di “rivoluzione urbana” a Monigo, ma la progettazione sia affidata per concorso, l’intervento si ponga l’obbiettivo di rigenerazione urbana e sia un nodo della città nord connessa con percorsi ciclo pedonali sicuri.
Treviso, 24.11.2020.
Impegno Civile